venerdì 31 agosto 2012

La Collina degli Elfi

La reclusione della malattia è una delle tante di cui non ho scritto nel libro. Lo farò qui parlandovi della Collina degli Elfi. La Collina è nata da un sogno di Luisella  Canale, psicologa, e dalla capacità di tanti volontari di mettere insieme risorse, lavoro, impegno, e anima.  Da ottobre, le prime famiglie dei bambini malati di cancro in remissione di malattia, potranno trascorrere una settimana che farà da ponte tra il periodo in ospedale e il ritorno a casa. Io sarò una delle volontarie dei laboratori di arte terapia, e poi proverò a tradurre l’esperienza in parole. Proverò. Qui.

giovedì 30 agosto 2012

Gestazioni

Oltre al libro di Thomas Bernhard di cui vi ho parlato nel post precedente, un altro fattore è stato determinante per scrivere il mio. Diventare nonna. Quando ho saputo che un bimbo (anzi…una bimba) era in viaggio, per alcune ore i miei neuroni sono andati in tilt per la scossa emotiva. Articolare un pensiero era impresa impossibile e ho trascorso una giornata intera in quelle condizioni. Poi, la nebbia è sfumata, e il primo pensiero lucido  è stato: “Devo terminare il libro prima che il bambino nasca”. Può, secondo voi, una donna che ha a lungo scritto e lavorato sulle ombre materne, defilarsi dall’essere nonna con la scusa che ha un libro da terminare? No, non può, non deve, e soprattutto, non vuole. E quindi mentre Emma cresceva nella pancia di sua madre, la gestazione del libro è stata portata a compimento.  Per chi, a proposito di creatività, desiderasse una lettura un po’ meno …terra terra di ciò che ho appena scritto, troverà qui una bella sintesi.

giovedì 23 agosto 2012

La gestazione, le coincidenze, gli incontri

Lessi  la recensione di un libro di Thomas Bernhard e l’unica cosa che pensai fu che era la prima volta che sentivo parlare di quello scrittore. Nei giorni successivi mi capitò di incrociare il suo nome in alcuni blog letterari e su Tuttolibri. Pareva fossi l’unica che non lo conoscevo. Mi incuriosii. Cercai dunque un libro di Thomas Bernhard, con la speranza che, come mi era successo con altri autori, aprisse la strada a tutta la sua opera a me ancora sconosciuta. Non accadde. Infatti ricordo a malapena il titolo, forse La cantina, ma ciò che ricordo bene è che a pagina 30 pensai: “Perché continuare? Con tutti i libri che ci sono e che non riuscirò a leggere in tutta la vita”. Tuttavia mi incuriosì il fatto che una frase ricorreva più volte, una frase in corsivo che trovava più collocazioni man mano che la storia procedeva. Dunque mi piacque poco il libro ma molto l’idea, e cominciai a rifletterci su. La parola “reclusioni” del titolo del mio libro è nata così. Pensando che sarebbe piaciuto anche a me usare un espediente simile. Invece di una frase una parola sola, ma una parola che potesse avere risonanza in tutti i capitoli. Perché fu a quel punto che pensai che avrei suddiviso il libro in capitoli diversi in base a ogni argomento, e che la parola reclusione (che mi frullava in testa da un po’ riflettendo sulla reclusione dei modelli del corpo), ha una connotazione negativa quando la subiamo, ma che può essere una cosa bella se è una scelta. Alla fine dunque ho scritto partendo dalla reclusione, ma tenendo ben presente la parola libertà. Sono stati fondamentali gli incontri con donne di uno spessore notevole che mi hanno narrato le loro storie. Senza il loro aiuto questo libro non sarebbe mai nato. Sono state generose e  autentiche e si sono fidate a raccontare a una perfetta sconosciuta quanto di più intimo e difficile avevano attraversato o stavano vivendo.  Dopo, ho ripreso le loro parole e le ho cucite insieme a mie riflessioni. Tutto qui. Grazie Thomas Bernhard, ma soprattutto grazie a Giuliana che è fuggita dalla violenza, Sara che è scesa a patti con il suo corpo, Francesca che, uscita dal buio della maternità, non intende dimenticare, Veronica e la sua ironia sui 50 anni, Irma che è uscita dal monastero, e Ida che ci è entrata,  Francesca e le sostanze, Chiara e i segreti di famiglia. Grazie a Bruno, che ha lavorato tutta la vita in manicomio, e che non solo mi ha raccontato, ma mi ha accompagnata in quelle stanze vuote. Vuote di persone, ma colme di terribile memoria.

lunedì 20 agosto 2012

I cicli della creatività

Dopo La solitudine delle madri sentivo che avevo ancora qualcosa di urgente ( urgente per me, naturalmente) da dire.  Tuttavia, quando pensavo al tema sul quale scrivere, ciò che mi veniva in mente, mi convinceva solo in parte. Avevo pensato di scrivere sul tema del corpo, sui modelli di donna (pochi, stereotipati), ma quando dal pensiero passavo all’azione, e prendevo appunti, mi documentavo, scrivevo, ciò che veniva fuori non mi piaceva abbastanza da pensare a una pubblicazione. Mi trovavo dunque in una situazione inedita: avevo un editore, che sapevo  che avrebbe preso in considerazione ciò che stavo scrivendo, e le parole erano pigre, poco incisive. Tenendo conto del fatto che nel mio lavoro mi occupo anche di creatività, sapevo che stava succedendo qualcosa di consueto: dopo un libro che ha avuto un buon riscontro, ci si accosta a un altro con molto più timore. Inoltre la creatività stessa ha dei cicli di espressione che si alternano a cicli di chiusura,  di introspezione, e che non dovevo far altro che attendere, e avere fiducia nel fatto che il processo creativo avrebbe trovato per conto suo la strada per prendere forma. Ho atteso per quasi due anni, e fare i conti con quell’attesa ha richiesto l’apprendimento di quella cosa chiamata disciplina. Più volte ho pensato che non ero affatto obbligata a scrivere un altro libro, che non avevo firmato alcun contratto che mi vincolava ad alcunché, tuttavia la tensione era forte, poiché  mentre mi dicevo tutte quelle cose di buon senso, sentivo in modo forte la pressione a scrivere. Ma non sapevo cosa. Ora, non è che io stia scrivendo qui tutto ciò perché penso che possa essere interessante, per chi legge, conoscere la gestazione del libro, penso invece che ciascuno di noi faccia i conti con il processo creativo nelle varie forme di creatività che possiede: dipingere, cucinare, coltivare l’orto, fare la maglia, cantare, danzare. Vivere soprattutto.( La creatività del vivere è la creatività più potente che c’è).  Poi sono accadute due cose: l’incontro con un libro, e la notizia che sarei diventata nonna. Entrambe le cose sono state fondamentali per sbloccare le parole. Vi racconterò come e perché.

venerdì 17 agosto 2012

Donna alla finestra, Caspar David Friedrich

Sto girando da un po' intorno alle parole, ma nessuna di loro mi convince. Inutile fare programmi ora su quale forma prenderà questo blog. Lascio spazio all'immagine, che è stata scelta dall'editore, ma che ho sentito da subito calzante al libro. Questo sarà uno spazio nel quale racconterò com'è nato, gli incontri incredibili e preziosi con le donne che ho intervistato, i luoghi inconsueti nei quali sono approdata. Ma più che altro mi piacerebbe che anche questo blog diventasse un viaggio intenso come è stato La solitudine delle madri, e che insieme riflettessimo su quante gabbie, visibili e invisibili, ci complicano la vita. Eravamo partite dalla madre perfetta, quella mai stanca, né dubbiosa o ambivalente, e direi che abbiamo dato il nostro contributo a renderla più autentica, con le sue fragilità, e le sue giornate no. Ma la maternità è solo una parte della vita di una donna, esistono molte altre aree nelle quali il rischio di gabbie e reclusioni è alto. Ne parliamo?